sabato 31 gennaio 2015

Windows 10 Vs Mac OSX e non solo

E' ormai chiaro che Microsoft si voglia svincolare dal vecchio modello di business e, per farlo, ha persino deciso di svincolarsi dalla denominazione cronologica iniziata con Windows 7.


Il successore dell'attuale Windows 8 (con upgrade annessi) sarà Windows 10 e già qualcuno maligna (seppur giocosamente) sulla sua somiglianza sospetta all'antagonista di Cupertino. Accanto alle idee già proposte da Apple, Microsoft introduce grandi innovazioni, in primis i progetti legati agli ologrammi.

Quali sono, però, le feature più vicine a OS X? Vediamoli in dettaglio:

1. Aggiornamenti gratuiti

Per la prima volta nella storia, una versione di Windows sarà distribuita gratuitamente ai possessori di Windows 7, Windows 8 e Windows Phone 8.1, anche se solo durante il primo anno di disponibilità; poi tornerà a pagamento, con prezzi tuttora ignoti.

La scelta era inevitabile, considerato che tutte le principali alternative presenti sul mercato, OS X, iOS, Android, Chrome OS, Linux, sono disponibili a costo zero. Poi diciamolo, è un modo come un altro per "ingolosire" gli utenti indecisi e il pessimo lavoro fatto con Windows Vista e Windows 8 (vedi critiche incessanti al Tiles menù).

2. Skype diventerà il nuovo iMessage

Skype, dall'acquisizione da parte di Microsoft, è sempre stato al centro del progetto MS, anche se con la release 10, si dovrebbe trovare la quadratura del cerchio. Obiettivo? Integrarsi perfettamente nel sistema operativo alla stregua di iMessage. Quando tentate di inviare un messaggio ad un utente, e il sistema scopre che il destinatario possiede un iPhone, l'SMS viene convertito automaticamente in un iMessage. Sui telefoni Windows accadrà lo stesso, solo che i messaggi saranno dirottati su Skype. Una mossa geniale, soprattutto alla luce del fatto che ormai tutti, o quasi, possiedono un  Skype oggigiorno?

3. Continuum, il Continuity di Microsoft

Continuity è la feature di iOS 8 e OS X Yosemite che consente di lasciare il lavoro in sospeso su un dispositivo o computer Apple, per poi riprenderlo dall'altro. La variazione al tema di Microsoft invece è un po' diversa; in pratica, invece di inviare il medesimo documento Word al tablet e al telefonino, la feature elaborata a Redmond trasforma il display touchscreen del portatile in un tablet passando semplicemente all'interfaccia touch. Così non dovete neppure alzarvi dalla sedia per raggiungere l'iPad.

Continuity vs Continuum? Il nome non è proprio fantasioso ammetterete!

4. Gestione Mail

"Questi gesti modulari potrebbero risultare familiari ad alcun di voi" ha dichiarato con orgoglio Joe Belfiore durante il keynote. L'app di gestione della posta elettronica su Windows 10, infatti, supporterà una serie di gesti che consentono di interagire in modo rapido e molto intuitivo con l'app; per esempio, basta scorrere verso sinistra il dito per archiviare o cancellare un messaggio, esattamente come su Mail in iOS 7 e 8.

C'è da dire, a onor del vero, che l'interfaccia piatta e i gesti introdotti in Mail con iOS 7 sembrano presi pari pari da Mailbox, l'app di Dropbox per la posta elettronica. Ma questa è un'altra storia.

Problemi con lo stream video

Ispirarsi nel bene porta inevitabilmente indiscutibili vantaggi, ma perché ispirarsi anche per quanto concerne i difetti dell'competitor diretto?

Quelli di Microsoft hanno copiato perfino i problemi che affliggono perennemente lo streaming degli eventi Apple. In pratica, a intervalli regolari si finiva col dover attendere tempi biblici per il buffering. Curioso che né Apple né Microsoft siano in grado di tirar su uno streaming decente nel 2015.

Colpi di genio

L'impressione che abbiamo è che Microsoft abbia delle idee eccellenti e ambiziose per il futuro dell'informatica, ma sembra essere frenata dai limiti dei suoi utenti Legacy; in altre parole, l'eredità che si porta dietro è la zavorra che le impedisce di innovare come vorrebbe.

D'altro canto, aspettiamo con ansia la mitologica SmartTV Apple, Microsoft invece ha lanciato Surface Hub, una ciclopica TV 4K da 84" pensata per il mercato enterprise e dotata di doppia fotocamera, microfoni, WiFi, WiFi, Bluetooth LE, NFC e sensori avanzati. Per le famiglie, invece, c'è quella da 55".

E mentre gli utenti Apple attendono col fiato sospeso il debutto di Siri su Mac, Cortana sbarca ufficialmente su Desktop. Certo, su OS X abbiamo la dettatura vocale da Mountain Lion e possiamo controllare alcuni aspetti del computer, ma non c'è un assistente vocale completo.

La vera sorpresa, tuttavia, è HoloLens, è il fantascientifico sistema di occhiali ad augmented reality basato sugli ologrammi. Si tratta quindi di uno step tecnologico davvero sorprendente, che riesce a far impallidire pure i blasonati Google Glass e Oculus. 
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venerdì 30 gennaio 2015

Attenti ai dati della vostra carta di credito!

Le aziende di carte di credito spesso prendono i vostri dettagli dalle loro registrazioni e poi le condividono con altre aziende, dichiarando di averli resi anonimi.


Ma saranno veramente al sicuro? Secondo un nuovo studio del MIT, basterebbero quattro acquisti fatti con la vostra carta di credito a farvi identificare con più del 90 per cento di accuratezza, anche quando i dettagli personali vengono rimossi.

Lo studio ha utilizzato dati di tre mesi di transazioni con carte di credito fatte da 1,1 milione di persone. I ricercatori hanno analizzato le transazioni per tempo e localizzazione per individuare chi potesse averle fatte, ed hanno scoperto che i dettagli di un piccolo numero di acquisti permetteva di risalire, in mezzo ad un milione di persone, a chi li aveva effettuati.

Un risultato mostra acquisti fatti in una panetteria in un giorno e in un ristorante in un altro giorno. Il team di ricercatori ha scoperto quale utente poteva aver effettuato quei pagamenti "e adesso conosciamo anche tutte le altre sue transazioni, come il fatto che ha comprato delle scarpe e anche degli alimentari il 23 settembre e quanto ha speso", hanno spiegato all'Associated Press.

I ricercatori hanno scoperto che bastano quattro acquisti per identificare una persona dalle registrazioni rese anonime delle carte di credito, o tre acquisti se si conoscono i prezzi.

Lo studio ha anche rivelato che è più facile individuare le donne, usando questa tecnica, anche se non è chiaro il perché.

La ricerca dimostra che il concetto di privacy è decisamente un'illusione, se parliamo di carte di credito. Anche senza i dati personali degli utenti, bastano i metadati per risalire al proprietario della carta di credito.
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giovedì 29 gennaio 2015

La funzionalità Send Money di Gmail è ora attiva anche per alcuni utenti europei

Google annuncia che Send Money in Gmail è adesso attiva anche in Europa. Per cominciare, sarà il Regno Unito ad aprire le danze.


Gli utenti britannici potranno quindi ricevere e inviare denaro, direttamente dalla web-app di Gmail, anche se il ricevente non dispone di un account di mail Google.

L'invio e la ricezione attraverso Send Money sono estremamente semplici, ed è proprio su questo assunto che si basa la funzionalità. Avviene infatti in maniera particolarmente simile all'invio di un allegato tradizionale, e con lo stesso processo sarà possibile anche richiedere soldi al destinatario dell'e-mail. Si tratta, naturalmente, di una funzionalità strettamente legata a Google Wallet.

Per inviare o ricevere denaro è infatti necessario disporre e configurare un account con il servizio di pagamenti mobile, e collegarlo con una carta di credito o un conto bancario. Una volta ricevuti i soldi, questi saranno inseriti all'interno dell'account, e potranno essere trasferiti in un secondo momento sul conto collegato, inviati ad altri utenti o spesi all'interno di Google Play.


L'interessante funzionalità raggiunge l'Europa varcando al momento solo i confini del Regno Unito. In particolare, sarà disponibile per tutti gli utenti Gmail che hanno raggiunto la maggiore età, con il completamento delle fasi di distribuzione previsto "nelle prossime settimane".
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mercoledì 28 gennaio 2015

WinSum "stampa la casa in 3D"

Pensate che le stampanti 3D possano produrre solamente suppellettili, gadget e prototipi industriali? Se siete nostri lettori, già sapremo la risposta.


E' risaputo che la cosiddetta "quarti rivoluzione industriale" ha permesso di raggiungere livelli di complessità dei prototipi davvero inaspettata, questo in svariati campi: industriale, sanitario e persino civile.

Se pensate agli ultimi esempi di protesi, ai pezzi di ricambio o persino alle pizze per astronauti, non rimarrete troppo sorpresi dalla notizia di oggi, infatti, arriva dalla Cina il primo edificio stampato in 3D. 

E se le abitazioni del futuro saranno prefabbricati realizzati con stampanti 3D? E' quello che potrebbe lasciare intendere questa iniziativa cinese che, attraverso un'impresa locale (WinSun) ha appena costruito il suo primo edificio realizzato con la stampa 3D.

WinSun ha scelto di cavalcare l'onda di questa nuova tecnologia per fare parlare di sé (e pare funzioni!). La società ha già realizzato alcune case grazie alla tecnologia 3D e oggi ci mostra la costruzione di un immobili alto più di 5 piani, largo 10 metri e lungo 40 metri.
1 100 m² in tutto.

E' stato utilizzato un rinforzo in acciaio per unire i componenti prodotti in fabbrica. Questi ultimi sono stati realizzati in cemento, calcestruzzo, vetro e altri materiali riciclati. Inutile dire che una tecnica del genere permetterebbe di abbassare i costi di produzione del circa il 70%, con un enorme vantaggio per l'ambiente.

La strada ecofrendly per abbattere i costi!
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martedì 27 gennaio 2015

ProtoCycler recupera scarti da stampe 3D

Oggi torniamo a parlare di crowdfunding, ma in particolar modo del nostro argomento preferito, ovvero le stampanti 3D.


Sapete qual è uno dei problemi più gravosi dei sistemi industriali di pressofusione? Ebbene si tratta degli scarti prodotti della lavorazione. Ebbene, in campo elastomerico, oltre a rappresentare un limite di progettazione della tecnologia stessa, implica anche dei costi collaterali di smaltimento.

In quel caso, gli scarti difficilmente possono essere riutilizzati, mentre questo potrebbe non essere un problema, quando si parla di stampe 3D, oltre al fatto che, intrinsecamente, la tecnologia che sta alla base delle stampanti 3D, limita ai minimi termini lo sfrido. 

Come anticipato, uno dei costi vivi legati alla stampa 3D è infatti quello relativo all'acquisto del materiale di stampa (PLA o ABS) che ammonta generalmente a circa 20/30€/Kg, ma che può anche salire in modo netto per l'acquisto di materiali particolari. 

Ma il materiale in eccesso, potrà essere riciclato? La risposta ce la fornisce ProtoCycler, un progetto attualmente in crowdfunding su Indiegogo che punta a rispondere proprio a questo quesito. Non è l'unico nel suo genere, ma si candida ad essere uno dei più facili da utilizzare. 

Si tratta di un macchinario dotato di un trituratore manuale (a manovella) e di un sistema che fonde i trucioli e li estrude in un filamento standard per la stampa (diametro a scelta tra 1.75, 2.85, 3.00 millimetri) che viene arrotolato su un rocchetto direttamente utilizzabile sulle stampanti. 

Il prezzo al momento è stimato in $799, ma il primo passo di funding per avere l'apparecchio era stato posto a $499, andato subito esaurito assieme a quello da $599. 

Si tratta di una cifra non bassa, ma è il capostipite di una serie di prodotti che sicuramente verrà in futuro. Inoltre per chi stampa molto potrebbe diventare un utile strumento per risparmiare sul lungo periodo. 

Che ne pensate?
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lunedì 26 gennaio 2015

Connessioni ottiche on-chip grazie al laser di germanio-stagno

Nonostante il tema risulti inedito ai lettori di Tecnodiary2, oggi vi presentiamo uno dei temi più caldi in abito tecnologico, sia sul fronte domestico, sia su quello industriale.


Parliamo delle comunicazioni ottiche, ovvero  quelle connessioni che avvengono mediante pulsazioni luminose, all'interno di uno stesso chip, andando quindi a sostituire i normali collegamenti in rame.

La possibilità di realizzare, per esempio, un processore multi-core ove ciascun core possa comunicare con gli altri tramite un collegamento ottico permetterebbe prestazioni maggiori e una migliore efficienza operativa. La chiave di volta per le comunicazioni ottiche intra-chip sarebbe un laser basato sul silicio, che è poi il principale argomento di studio e sperimentazione della silicon photonics.

Attualmente un approccio alle interconnessioni ottiche è la realizzazione di composti semiconduttori laser collegare in seguito al silicio. Intel e Luxtera, per esempio, hanno realizzato sistemi di comunicazione on-chip usando laser ibridi di silicio e fosfuro di indio collegati sul silicio. In realtà, però, la produzione in volumi di dispositivi di questo tipo sarebbe più conveniente e meno difficoltosa, se il laser venisse realizzato direttamente sul silicio.


Un gruppo di ricercatori del Forschungszentrum Jülich (Germania) e del Paul Scherrer Institute di Villigen (Svizzera) ha quindi provato a realizzare un laser di germanio-stagno che può risolvere il problema.

Il germanio e lo stagno, infatti, sono elementi del gruppo IV come il silicio, il che significa che i loro cristalli possono essere fatti crescere direttamente su di esso. Un laser germanio-stagno sarebbe quindi compatibile con i normali processi produttivi applicati al silicio.

(ecco a cosa servivano le lezioni di chimica al primo anno di ingegneria!)

Il germanio ed il silicio non sono tuttavia buoni emettitori di luce, poiché sono caratterizzati da una banda proibita indiretta. Quando gli elettroni del materiale vengono eccitati e cadono negli stati a più bassa energia, l'eccesso viene emesso come calore invece che come luce.

Nell'ambito della ricerca sono già state trovate tecniche per modificare la banda proibita del germanio, drogandolo con fosforo o mettendolo sotto stress meccanico. I ricercatori hanno invece optato, questa volta, per usare lo stagno mettendo a punto un composto con una concentrazione al 10% circa. Il laser è stato quindi realizzato facendo crescere il composto di germanio-stagno su uno strato di germanio che è stato fatto crescere a sua volta direttamente sul wafer di silicio.

I ricercatori hanno quindi realizzato un laser dimostrativo, capace di emettere radiazione luminosa dalla lunghezza d'onda di 3 micrometri. Il laser opera a -183°C ed è alimentato da luce invece che da corrente elettrica. I ricercatori stanno però lavorando per ottimizzare il dispositivo, per realizzarne una versione in grado di operare a temperatura ambiente e alimentato da corrente elettrica.

Tratto intermente da Andrea Bai Categ - Businessmagazine
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sabato 24 gennaio 2015

Microsoft HoloLens

L'annuncio di HoloLens durante l'evento di Windows 10 ha destato l'interesse non solo dei normali utenti ma anche dei protagonisti dell'industria, come Peter Molyneux o lo stesso Palmer Luckey, il fondatore di Oculus VR.


Microsoft definisce HoloLens come il primo computer olografico indipendente al mondo. Si tratta di un casco per la realtà aumentata in cui l'ambiente circostante prende vita grazie a tutta una serie di API che Microsoft chiama Windows Holographic.

È quindi un progetto molto più simile a Google Glass che a Oculus Rift, che riguarda solo in parte il mondo dell'intrattenimento.

Siamo sempre affascinati dagli annunci delle nuove tecnologie ed è stato fantastico vedere da vicino all'opera il visore olografico di Microsoft [...] Siamo rimasti impressionati dalla presentazione di HoloLens, e non vediamo l'ora di verificare come CryEngine possa combinarsi con questo dispositivo così innovativo

ha detto Cevat Yerli, CEO e presidente di Crytek.




Anche Palmer Luckey e Brendan Iribe si sono dichiarati entusiasti su Twitter, rassicurati dalla diversità della tecnologia Microsoft rispetto a Oculus Rift. HoloLens, insomma, non dovrebbe pestare i piedi alla realtà virtuale.

Pensiamo che realizzare videogiochi per HoloLens sia ancora più complesso di realizzare giochi per la realtà virtuale [...] Questo perché quando crei un gioco per la realtà virtuale hai comunque un punto di riferimento, lo schermo, che invece non hai più nel caso della realtà aumentata.
sono invece le parole di Alexander Bergendahl, CEO di Poppermost, una software house che sta creando un gioco di sci per Oculus.

Con HoloLens devi considerare che ogni utente potrebbe essere circondato da cose diverse a seconda dell'ambiente in cui si trova. Bisogna dunque valutare come ciascuno di questi oggetti possa interagire con la realtà aumentata. Non avere tutto sotto controllo potrebbe impedire di creare un'esperienza di intrattenimento veramente interessante per gli utenti. Detto questo, sono allo stesso tempo convinto che gli sviluppatori di videogiochi di oggi siano molto abili nel lavorare con tanti vincoli e per questo sono sicuro che vedremo molti ottimi giochi creati in poco tempo. Giochi che un tempo non erano possibili.
Penso che sia un dispositivo incredibilmente interessante, anche perché la sua commercializzazione non sembra così lontana nel tempo

aggiunge Patrick O'Luanaigh, CEO di nDreams, una delle società che ha contribuito maggiormente su PlayStation Home di Sony e che adesso è al lavoro sullo sviluppo di un videogioco per Oculus Rift.

Immagino che i giochi in realtà virtuale funzionino bene con HoloLens, ma questo dispositivo darà il meglio di sé con quelle applicazioni che combinano realtà a mondi generati al computer. [...] La telecamera di profondità permette di mappare l'ambiente e il software è in grado di utilizzare queste informazioni spaziali in 3D in modo da visualizzare gli oggetti davanti e dietro le cose che si trovano nel mondo reale.

Penso che HoloLens sia l'ennesimo caso che dimostra come la tecnologia dei visori rappresenti il futuro. Desidero far parte del lancio di HoloLens, come di quello di altri dispositivi di realtà virtuale o di realtà aumentata.

Un po' fuori dal coro Peter Molyneux, uno che si è lasciato male con Microsoft e che ha abbandonato Lionhead Studios, una software house ora facente parte di Microsoft per fondare la sua 22 Cans, che si è espresso così:

Microsost rischia di cadere nello stesso errore che ha fatto con Kinect [...] Ovvero di esagerare con le promesse. La mia paura è che una volta provato il dispositivo non si rimarrà così sconvolti come si potrebbe pensare adesso.
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venerdì 23 gennaio 2015

Compagnie telefoniche: Antitrust dixit!

TIM, Vodafone, H3G e Wind, dopo aver riservato un trattamento "speciale" ai propri clienti per anni, ora riceveranno lo stesso riguardo dall'Antitrust.


L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha infatti multato le maggiori compagnie telefoniche italiane per pratiche scorrette, condotte nei confronti dei propri clienti.

Nello specifico, si parla di sanzioni pari a 1,75 milioni di euro per Telecom e H3G e 800 mila euro per Wind e Vodafone per aver obbligato gli utenti delle proprie SIM al pagamento di servizi internet cosiddetti premium non esplicitamente richiesti.

L'Antitrust ha ricevuto numerose segnalazioni da parte di associazioni di consumatori e utenti riguardanti attivazioni di servizi non richiesti, con il relativo addebito da parte del proprio operatore sul credito telefonico. Si tratta per lo più di servizi accessibili durante la navigazione in mobilità mediante banner o pop-up.

Due le condotte scorrette operate dalle compagnie telefoniche italiane riscontrate dall'Antitrust: da un lato l'omissione di informazioni sul contratto, per quanto concerne la possibilità di ricevere servizi a sovrapprezzo o di bloccare tale opzione; dall'altro le procedure di attivazione automatica sono state considerate "aggressive" perché operate in assenza di qualsiasi tipo di autorizzazione al pagamento da parte del cliente o controllo da parte della società.

Nel caso di TIM e H3G, la condotta è aggravata dalla slealtà nei confronti degli utenti (ecco spiegata la pena più gravosa): le due compagnie hanno omesso, nei messaggi diffusi, informazioni

rilevanti o che determinavano l'accesso e l'attivazione del servizio a sovrapprezzo, senza un'espressa manifestazione di volontà da parte del'utente

Secondo quanto riportato dall'Antitrust, le condotte delle quattro aziende sono legate a uno "specifico vantaggio economico" derivante dalla commercializzazione dei servizi premium.

TIM, H3G, Vodafone e Wind condividono infatti una percentuale dei ricavi provenienti dai servizi erogati e non hanno attuato nessuna strategia per tamponare il fenomeno nonostante la consapevolezza del problema, comprovata dall'Antitrust.

L'Agcm ha giudicato le pratiche indicate "contrarie alla diligenza professionale" e in grado di falsare le volontà del consumatore.

Oltre alle sanzioni, l'Autorità ha vietato la diffusione e continuazione delle suddette pratiche, richiedendo agli operatori la comunicazione delle iniziative assunte per rispettare quanto stabilito entro i prossimi 60 giorni.

Ovviamente la rete si è scatenata, rimarcando i casi riscontrati dagli utenti. Molti rimarcano l'importanza della retroattività dei rimborsi che l'azienda dovrebbe elargire. 
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giovedì 22 gennaio 2015

Google sarà un Mobile Virtual Network Operator entro la fine dell'anno

Se ieri vi avevamo presentato la novità italiana in fatto di SIM, oggi parliamo del colosso di Mountain View.


E' di queste ore la notizia secondo il quale Google sarebbe pronta ad invadere anche il settore dei servizi di rete mobile.

L'informazione arriva da fonti vicine alle aziende citate da The Information, che hanno rivelato i tentativi di Google di cercare di portare a termine accordi di collaborazione con Sprint e T-Mobile per sfruttare i loro network e vendere servizi di rete cellulare con il brand Google. Il progetto è stato identificato con il nome in codice Nova e vede come responsabile Nick Fox. 

Google ha iniziato a contattare Sprint circa 18 mesi fa proponendo all'operatore telefonico statunitense una collaborazione per portare avanti gli accordi necessari per realizzare una MVNO. Gli impiegati della società hanno già iniziato a provare il servizio, ma ad oggi non è semplice intuire quali siano i piani di Google come operatore telefonico virtuale.

Sprint e T-Mobile hanno accettato il dialogo senza nascondere le paure di un'eventuale conquista del settore da parte del gigante tecnologico. Fra gli accordi maturati sino ad oggi con Sprint si leggono infatti clausole che attiveranno nuovi negoziati quando, e se, Google raggiungerà una determinata base d'utenza. Del resto Google è nota per essere in grado di ribaltare un mercato facendolo proprio in pochi anni e ha tutte le carte in regola per imporsi anche come operatore telefonico, riuscendo così ad offrire al tempo stesso il mezzo per usufruire del servizio, Android, ed il servizio stesso.

Vendendo piani telefonici in negativo, almeno per i primi periodi, Google potrebbe infatti farsi strada fra le proposte più consolidate del mercato e manipolare quest'ultimo a proprio piacimento, riforgiando il panorama delle offerte telefoniche per le reti mobile. Rendere l'accesso alle reti più accessibile consentirebbe una migliore penetrazione dei propri servizi, riequilibrando con gli introiti di questi ultimi le perdite nella vendita dei piani tariffari come operatore virtuale.

Ricordiamo, inoltre, che Google potrebbe sfruttare questa nuova strategia per intensificare gli sforzi a proposito dei progetti in corso d'opera, per espandere la diffusione di internet in tutto il mondo (Project Loon o SpaceX), offrendo proposte in prima persona commisurate agli investimenti operati e alle capacità economiche dei singoli territori.

Secondo le informazioni trapelate in rete, Google potrebbe divenire un MVNO a tutti gli effetti entro la fine dell'anno, consentendo la vendita di pacchetti di servizi attraverso uno store online digitale.

State già stappando lo spumante o vi state preoccupando? La possibilità di un allungamento ulteriore dei tentacoli di Big G porta con se un numero considerevole di problemi etici. Ma questa è un'altra storia.
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mercoledì 21 gennaio 2015

WhatSim corre in aiuto degli utenti WhatsApp

Ecco l'ennesimo vanto italiano: si chiama WhatSim ed è la prima SIM specificamente progettata per gli utenti di WhatsApp.


Dove sta la novità? Questa particolare SIM permette agli utenti di collegarsi con il servizio gratuito di messaggistica in qualsiasi parte del mondo e senza alcun limite. Si connette a più di 400 operatori in circa 150 paesi diversi e, se si cambia posizione, si collega automaticamente alla rete che offre le prestazioni migliori.

WhatSim, come anticipato, è un'idea tutta italiana, e vede alla sua base il creatore di i'm Watch, Manuel Zanella.

Lo scorso anno l'operatore tedesco E-plus aveva lanciato qualcosa di molto simile ma limitato entro i confini della Germania. Ed è proprio su quest'ultimo aspetto che ha puntato di innovare Zanella, con WhatSim che nasce come la prima SIM internazionale per WhatsApp:

In un mondo di persone sempre più in viaggio, la necessità di rimanere in contatto con gli altri in modo semplice e veloce è diventata un'esigenza fondamentale

ha detto il fondatore e CEO di Zeromobile.

Una volta si telefonava, poi si sono inviati gli SMS, ora è il momento di WhatsApp. Poiché nella mia rubrica oltre il 90% dei contatti ha WhatsApp, mi è venuta l'idea di creare una Sim dedicata solo a WhatsApp

Del resto stiamo parlando di un servizio che conta ad oggi 700 milioni di utenti ed è un fenomeno in rapida crescita:

Rappresenta il futuro della comunicazione mobile

ricorda Zanella, con il solo limite della connessione dati, che diventa ancora più restrittivo se si considerano i costi di roaming quando si è in viaggio.

La WhatSim costa 10€ e permette di chattare gratis sul servizio nei paesi abilitati per un anno. Superati i dodici mesi sarà richiesto un ulteriore pagamento di 10€, ma solo quando serve: la SIM non ha infatti costi fissi, canoni e non scade mai. All'interno dei 10€ è consentito esclusivamente l'invio di messaggi testuali e per le foto sarà necessario acquistare un pacchetto di crediti con una ricarica minima di 5€. Questa darà diritto a 500 crediti, con cui sarà possibile condividere 50 foto o 10 video. La condivisione di posizione e contatti è invece illimitata.

WhatSim restituisce, inoltre, il costo del canone annuale di WhatsApp e lo rimborsa sul credito della SIM.

Zanella spera nell'introduzione delle chiamate vocali sul client di messaggistica, fattore che potrebbe abilitare la sua creazione ad un servizio più completo e interessante. La SIM è già acquistabile online sul sito ufficiale, con consegne previste in tutto il mondo a costi di spedizione locali. WhatSim sarà distribuita anche attraverso una rete di distributori locali in più di 100 paesi.

Come anticipato, Zanella è noto per essere il creatore di i'm Watch, uno dei primi smartwatch in assoluto che, purtroppo, per molti motivi non è riuscito ad imporsi in un mercato nascente e ancora oggi un po' tentennante.

Speriamo che WhatSim abbia una vita più longeva, voi che dite?
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martedì 20 gennaio 2015

Proposta AgCom per riformare le bollette!

La richiesta di trasparenza su bollette varie non è mai abbastanza. A tal proposito, l'AgCom propone la sua riforma.


Il Garante per le Comunicazioni, infatti, sembra essere determinato a è più determinato a riformare il mondo delle bollette telefoniche. Sembra essere la prima (seria) da otto anni a questa parte.

Si basa naturalmente sulla tutela del consumatore cercando di impedire le solite pratiche furbette agli operatori telefonici, che celano in postille in carattere 8 alcune opzioni atte a rendere semplice il cambiamento dell'operatore qualora non fossero state rispettate le garanzie minime del piano stipulato.

I punti cardine della nuova riforma non sono comunque pochi e vengono annunciati da La Repubblica che ha intervistato Antonio Nicita, esponente del Garante per le Comunicazioni.

Si parte dal "codice di migrazione", ovvero il numero necessario per avviare le procedure del cambio operatore. Secondo l'AgCom, si tratta di un'opzione che gli operatori non pubblicizzano soprattutto per scoraggiare il cliente dal passare ad un servizio concorrente. Il codice di migrazione cambierà nome e diventerà codice di trasferimento, e sarà presente in caratteri più grandi di 12 punti all'interno di ogni bolletta.

La fattura verrà spedita via email in forma digitale, e sarà proprio digitalmente che l'utente potrà inviare comunicazioni ufficiali, fra cui le disdette, al proprio operatore telefonico. Solo opzionale l'invio della fattura in forma cartacea al proprio indirizzo di casa. Molto interessante la parte relativa alle connessioni ad internet, di cui gli operatori spesso millantano velocità di trasferimento irraggiungibili nello specifico con una determinata linea. Nella nuova bolletta, precisa Nicita, l'operatore telefonico dovrà specificare la velocità minima garantita all'utenza nel bimestre, con controlli effettuati dallo stesso Garante e pene salate previste per chi divulga dichiarazioni "dopate".

Verrà inoltre menzionato il servizio Misurainternet, uno strumento realizzato per verificare la velocità della rete e stabilire eventuali incongruenze con il piano dati sottoscritto.

La nuova bolletta sarà anche a tutela della "net neutrality", per cui ogni operatore dovrà specificare se sono state attuate restrizioni nella banda sulla base dei servizi utilizzati o dei contenuti scaricati. La riforma prevede, infine, la segnalazione esplicita dell'importo dovuto per i servizi base, come telefonia e internet, e quello relativo ai servizi aggiuntivi.

In questi ultimi potrebbe annidarsi un surplus non richiesto, permettendo all'utente di verificare la presenza di abbonamenti magari sottoscritti per errore. Non mancherà, infine, la cosiddetta audio-bolletta per gli utenti non vedenti.

La riforma dovrà comunque essere discussa all'interno di una consultazione pubblica lunga 60 giorni e si spera che le novità non verranno riadattate al volere delle compagnie telefoniche. Un epilogo che l'AgCom cercherà di impedire strenuamente, difendendo a spada tratta le linee guida della proposta.

E ciò che auspichiamo tutti, noi per primi, in quanto reduci da un passaggio di operatore estenuante. Una "migrazione" durata quasi 3 mesi, con un ostruzionismo irritante da parte del vecchio provider.

Speriamo arrivi la svolta, che possa finalmente dare un senso alla parola liberalizzazione.
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Scusate per il disservizio!

Finalmente i disservizi occorsi in questi giorni con il nostro provider internet sembrano rientrati e Tecnodiary2 ritorna online.


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martedì 13 gennaio 2015

Instagram pone rimedio ad una falla sulle foto private

Instagram è ormai il fedele compagno di viaggio di molti di noi. Più di ogni altro social network riesce a stuzzicare la fantasia del fotografo, o in taluni casi il narcisismo, che è insita in ognuno di noi.


Moltissime le foto pubblicate; alcuni, però, forse si imbarazzano delle proprie foto e, per condividerle con qualcuno, preferiscono inviarle direttamente ad un altro utente mediante la modalità privata.

Foto osé o semplicemente fotografie intime, poco importa, quello che conta è che in questa modalità, l'utente si sente sicuro e nascosto dagli occhi indiscreti. Ma ne siamo proprio sicuri?

In effetti, sembrerebbe che moltissimi scatti, condivisi in modalità privata sia in realtà di dominio pubblico, almeno fino all'esecuzione di una patch avvenuta lato server durante lo scorso fine settimana.

Prima della correzione, se l'account veniva inizialmente impostato come pubblico (l'opzione di default), le immagini pubblicate sarebbero rimaste visibili sul web anche se l'utente avesse in un secondo momento impostato l'account come privato. Questo in base a quanto riportato da David Yanofsky di Quartz.

Instagram ha corretto la falla di sistema durante il weekend, e la situazione è apparentemente tornata alla normalità in base ad un portavoce della società:

In risposta ai feedback rievuti, abbiamo fatto un aggiornamento in modo che se le persone cambiano il loro profilo da pubblico a privato i collegamenti web privati che non sono condivisi da altri servizi siano visibili solo ai loro seguaci su Instagram.

La privacy è un argomento particolarmente scottante su internet negli ultimi periodi, e lo è ancora di più su servizi social quali Facebook, realtà alla quale Instagram fa parte. Il social di Zuckerberg è stato criticato a più riprese per la sua complessa, e talvolta confusionaria, gestione della privacy degli utenti. Nel 2012 Facebook è stata accusata dalla FTC di ingannarli sull'argomento, ed incaricata a prendere misure "all'altezza delle sue promesse".

Instagram ha impostazioni meno capillari per la privacy dei propri utenti rispetto a Facebook, nonostante ciò, il problema portato alla luce negli scorsi giorni da Quartz non era mai stato esplicitamente comunicato in alcun modo neanche nei documenti di supporto del servizio, ed era decisamente improbabile che l'utente normale si potesse accorgere della grave anomalia sul fronte della privacy.

Se siete incuriositi dall'argomento, o semplicemente siete utenti di Instagram e siete preoccupati delle vostre scorribande, potete consultare nel dettaglio l'articolo di Quartz, in questa pagina.
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lunedì 12 gennaio 2015

Operation Charlie Hebdo by Anonymous

Anche il controverso collettivo di attivisti del web, noto con il nome di Anonymous, ha dichiarato guerra contro il terrorismo islamico.


Ad aver scatenato la "Operation Charlie Hebdo" è stata la tragica azione terroristica subita da Parigi nei giorni scorsi per mezzo dei fratelli Kouachi e da Amedy Coulibaly, iniziata con il massacro avvenuto nella sede della rivista satirica Charlie Hebdo.

Anonymous non ha un leader e non è un'organizzazione di tipo tradizionale: il nome identifica gruppi o utenti singoli che agiscono sotto la tutela dell'anonimato per raggiungere obiettivi concordati a difesa della sottocultura di internet.

Alcuni giorni fa, un esponente del gruppo ha diffuso un video in cui veniva dichiarata guerra agli jihadisti e ad Al Qaeda sul canale Twitter @OpCharlieHebdo:


Stiamo dichiarando guerra contro di voi, terroristi


ha detto annunciando l'operazione, nascosto, come da tradizione per Anonymous, dalla maschera del protagonista di V per Vendetta.


L'obiettivo è quello di chiudere coercitivamente i siti nevralgici legati ad organizzazioni e cellule terroristiche, oltre che a bloccare tutti gli account sui social network legati a presunti terroristi.

I primi frutti dell'operazione sono stati annunciati lo scorso sabato, in cui Anonymous ha dichiarato di aver violato il sito web ansar-alhaqq.net, legato ad un gruppo di jihadisti con sede in Francia. Attualmente il sito riconduce alla pagina del motore di ricerca DuckDuckGo.

Il gruppo non ha rilasciato dettagli sulle metodiche utilizzate per forzare il blocco del sito, tuttavia una delle "armi" più popolari negli attacchi di Anonymous è il DDoS (Distributed Denial of Service), che consiste in breve nell'inviare un consistente, ed ingestibile, livello di traffico in un dato momento.

Non si tratta di un sistema particolarmente raffinato ed è praticabile sostanzialmente da chiunque abbia conoscenze sul funzionamento di internet senza la necessità di sfruttare una strumentazione particolare e costosa.

Di contro, gli attacchi DDoS sono particolarmente efficaci per incarichi di questo tipo. Nel corso del tempo, infatti, Anonymous è riuscito a mettere fuori gioco anche portali di un certo livello, fra cui MasterCard e PayPal, ma anche la Polizia di Stato italiana, i siti legati ad alcuni Ministeri e ai Carabinieri, ad aziende come Enel, Trenitalia o a siti privati come quello di Vittorio Sgarbi. Anonymous aveva già proclamato la scorsa estate l'inizio di una "guerra digitale" all'inclinazione più fondamentalista della Jihad.


È ovvio che alcune persone non vogliono, in un mondo libero, questo sacrosanto diritto di esprimere in qualche modo le proprie opinioni [...] Anonymous ha sempre lottato per la libertà di parola e non potrà mai lasciare che questo diritto venga infangato da oscurantismo e misticismo. Aspettatevi una reazione enorme da noi, perché questa libertà è quello per cui abbiamo sempre lottato.


ha comunicato il gruppo.

Questa volta, gli sforzi profusi del gruppo di hacker, hanno un obiettivo decisamente diverso e potrebbero essere l'arma in più (anche se inconsapevolmente) in forza all'occidente, per fronteggiare un male comune.
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sabato 10 gennaio 2015

Cyber Intelligence Sharing and Protection Act: e tre!

Dopo 2 anni, il Cyber Intelligence Sharing and Protection Act (CISPA) torna in auge prepotentemente. La bozza che è già stata respinta nel 2012 e nel 2013, sulla scia delle preoccupazioni destate dal linguaggio eccessivamente generico della proposta e dalla minaccia alla privacy degli individui. 


Di cosa si tratta? Per chi non lo sapesse, parliamo della proposta di legge statunitense che, se dovesse essere convertita in legge, permetterà la condivisione di informazioni sul traffico web per agevolare le indagini in episodi di minaccia, alla sicurezza delle reti e nelle vicende di cybercrime.

Dutch Ruppersberger, rappresentante dei democratici per lo stato del Maryland, sta ora pianificando di avanzare nuovamente la controversa proposta di legge.

La storia del CISPA, come anticipato, è abbastanza travagliata: nel 2012, infatti, la proposta di legge è fallita per i motivi già esposti. E' stata riproposta nel 2013, da Ruppersberger e da Mike Roger, rappresentante dei Repubblicani per lo stato del Michigan. In quel periodo però lo scandalo PRISM legato alle attività di sorveglianza dell'NSA ha compromesso la fiducia dei cittadini nella capacità delle agenzie governative di rispettare la loro privacy, portando ad un clima in cui la proposta non ha trovato accoglimento.

Ruppersberger potrebbe ora cercare di sfruttare un altro evento esterno ai palazzi del potere per cercare di agevolare una nuova presentazione del CISPA, ovvero le vicende legate all'infiltrazione nei sistemi informativi di Sony Pictures.

Sebbene, infatti, i malumori dei cittadini contro le pratiche di sorveglianza NSA non si siano sopiti, gli eventi citati hanno spinto il Presidente Obama a incoraggiare leggi più robuste in materia di cybersicurezza, aprendo quindi uno spiraglio per la reintroduzione della proposta CISPA.

Senza significativi cambiamenti all'impianto del CISPA, è comunque piuttosto improbabile che il Presidente decida di firmare la rediviva proposta. E' stata infatti la minaccia del veto presidenziale ad affossare la bozza nel 2013, nonostante il passaggio nella Camera dei Rappresentanti a maggioranza repubblicana sia nel 2012, sia nel 2013.

Lo stesso Ruppersberger in un'intervista ha inoltre ammesso la difficoltà nel poter trovare nuovi voti bipartisan per una legge che ha poco appeal sul pubblico, senza contare che il co-autore Rogers si è dimesso dal congresso lo scorso anno.

Speriamo non emulino le gesta dei colleghi italiani! Sarebbe del tutto deleterio lo sforzo fatto finora.
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venerdì 9 gennaio 2015

Nuovi filamenti PLA compositi per le stampanti 3D di MakerBot

Sin dai primi modelli, il pallino della nostra redazione è sempre stato il mondo delle stampanti 3D, ve ne sarete accorti.


Anche il 2015, sono sicuro, ci donerà molte soddisfazioni. Iniziamo bene l'anno con l'introduzione di materiali compositi.

Infatti, MakerBot (per chi non lo conoscesse, uno dei principali e più noti produttori di stampanti 3D) ha annunciato, in occasione del CES di Las Vegas, la prossima disponibilità di nuovi filamenti PLA compositi che permetteranno di realizzare oggetti ancor più accurati e fedeli.

I filamenti compositi, che verranno immessi sul mercato nel corso del 2015, saranno divisi in tre categorie: metallo, legno, pietra. L'impiego di questi nuovi materiali, anche in forma combinata tra loro nel caso si abbia a disposizione una stampante a più estrusori, permetterà di realizzare prototipi più realistici. I filamenti compositi riescono, infatti, a conservare alcune delle proprietà del materiale aggiunto; di conseguenza, gli elementi stampati con filamenti compositi metallici possono essere magnetizzati.

Nel corso dell'anno saranno quattro i filamenti compositi rilasciati:

  • Lime PLA+ (calce);
  • Maplewood PLA+ (legno d'acero);
  • Bronze PLA+ (bronzo), 
  • Iron PLA+ (ferro).

I filamenti saranno compatibili con le stampanti già esistenti, ma sarà necessario dotarsi di nuovi e appositi Smart Extruder, che verranno rilasciati in concomitanza con la disponibilità dei nuovi materiali.


MakerBot ha inoltre annunciato numerose iniziative e collaborazioni che hanno lo scopo di estendere l'ecosistema esistente.

Tra di esse si segnala l'avvio di nuovi servizi professionali di formazione, consulenza, progettazione e stampa, l'aggiornamento delle app esistenti e alcuni progetti di collaborazione per dimostrare le potenzialità della prototipazione rapida.

Per chi fosse interessato a conoscere ulteriori dettagli, e volesse rimanere aggiornato su ulteriori sviluppi, potrà farlo consultando il blog ufficiale della compagnia.
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giovedì 8 gennaio 2015

SuperMHL: video 8K a 120fps! Altro che HDMI...

Nonostante ci pare proprio di trovarci di fronte a una di quelle situazioni in cui una tecnologia possa bruciarsi per la precocità con cui è stata presentata al pubblico, vi riportiamo oggi un nuovo connettore per la trasmissione di video 8K a 120fps. 


Di cosa stiamo parlando? Per chi non lo sapesse, lo standard MHL, ovvero Mobile High-Definition Link, è stato introdotto nel 2010 atto all'ottimizzazione del trasferimento di immagini video da smartphone a TV e in grado di ricaricare il primo dispositivo.

L'acronimo MHL non identificava una porta o un particolare tipo di cavo, ma la tecnologia che permetteva quel particolare incarico sfruttando i connettori già disponibili in ambito multimediale. Il Consorzio MHL ha annunciato superMHL per superare i limiti dell'attuale MHL 3. 

Il nuovo standard consente di raggiungere una risoluzione massima di 7680x4320 pixel (8K) ad un frame rate di 120 fps con supporto alle modalità deep color a 10, 12 e 16 bit. Questo è possibile in parte grazie all'affinamento del protocollo su cui si basa superMHL: consentendo il trasferimento del doppio dei dati sulla singola lane, quest'ultima può gestire un video a risoluzione 4K a 60 fotogrammi al secondo (contro i 30 di MHL 3).

Il vantaggio principale è dovuto tuttavia all'uso di connettori e cavi specifici, per la prima volta nella storia di MHL. Si tratta di una richiesta specifica dei produttori di televisori membri del Consorzio che trovano al momento insufficiente lo standard HDMI 2.0 per gestire le risoluzioni elevate e gli alti frame rate sui pannelli 8K. Al momento, infatti, HDMI si ferma alla risoluzione 4K a 60 fotogrammi al secondo.

Il connettore superMHL è reversibile e contiene 32 pin all'interno di dimensioni non troppo diverse da un connettore HDMI Type-A, che conta 19 pin. Si tratta di uno dei più densi connettori per la distribuzione di segnale audio-video mai concepiti, ed integra sei lane di dati MHL per soddisfare le nuove esigenze del mercato televisivo. Seguendo adesso due strade separate, quella dell'home entertainment e quella mobile, le combinazioni di cavi e connettori possibili sono molte più che in passato.


Per gestire flussi 8K a 120fps, però, è necessario disporre di un cavo superMHL-superMHL.

Il connettore è in grado inoltre di distribuire una potenza di 40W (20V @ 2A), un valore quattro volte superiore a quello di MHL 3 che si fermava a 10W, e può gestire contemporaneamente fino a 8 display.

Ad aver giocato un ruolo di primaria importanza nello sviluppo di superMHL troviamo Sony e Samsung, con i coreani che dispongono già di un TV 8K compatibile con lo standard, attualmente in mostra al CES 2015 di Las Vegas.

Se eravate rimasti alla SCART, allora dovreste aggiornare i vostri devices di casa!
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mercoledì 7 gennaio 2015

Tablet rallentano lasciando spazio al mercato pc

Se, l'entusiasmo aveva spinto i consumatori, soprattutto i neofiti del mondo tecnologico, ad acquistare spasmodicamente i tablet, in qualsiasi salsa, a prescindere da taglia, form factor e equipaggiamento hardware, ora questa crescita continua sembra subire una battuta d'arresto.


Ricerche di mercato rivelano che ormai il mercato risulta saturo: è proprio per questo motivo, unitamente al fatto che, l'evoluzione tecnologica di questi prodotti (a dir poco repentina nei primi anni) ha subito un naturale calo, hanno determinato un rallentamento notevole nelle vendite di tali devices.

Gartner conferma, nella prima analisi dell'anno, queste stime prevedendo per il 2015 un totale di 233 milioni di tablet venduti a livello globale. Si tratta di un risultato in crescita dell'8% rispetto a quanto realizzato nel corso del 2014. Per i produttori è necessario sviluppare nuovi approcci per interagire con i consumatori: da questo lo sviluppo di nuovi servizi integrati che permettano una maggior interazione tra dispositivi e dati memorizzati dagli utenti sui differenti device.

Che il mercato dei tablet sia giunto ad una sua maturità commerciale non deve di certo stupire (ne abbiamo parlato anche qualche mese fa); quello che lascia positivamente colpiti, invece, è come il mercato dei PC tradizionali sia previsto in crescita sia nel 2015 come nel 2016, passando dai 318 milioni di pezzi venduti nel corso dello scorso anno ai 321 milioni di questi 12 mesi sino ai 333 del 2016. Se le vendite di PC desktop e notebook tradizionali sono in contrazione a trascinare il settore vedremo gli ultrabook, quindi i sistemi portatili di più ridotte dimensioni.

In lieve dinamica positiva anche le vendite di telefoni, chiuse nel corso del 2014 con un dato di 1,838 miliardi di pezzi e atteso per il 2015 ad un risultato di poco superiore a 1,9 miliardi. La crescita continuerà anche nel 2016, con un dato atteso pari a 1,969 milioni di pezzi.

Nel complesso il numero complessivo di dispositivi tra PC, tablet, notebook e telefoni cellulari sfiorerà quota 2,5 miliardi nel corso del 2015, con una crescita media del 3,9% rispetto al 2014.

Analizzando i dispositivi in funzione del sistema operativo notiamo come nel corso del 2015 la piattaforma Android sia destinata a mantenere una quota dominante con circa 1,4 miliardi di dispositivi su un totale di poco meno di 2,5 miliardi.

Microsoft è al secondo posto con Windows, per un totale di 355 milioni di dispositivi, mentre Apple segue al terzo posto con poco meno di 280 milioni di prodotti. Tutti gli altri sistemi operativi sono presenti su circa 380 milioni di device, in forte calo rispetto ai 626 milioni registrati da Gartner per l'anno 2014.

Alla luce di questi dati quello che possiamo trarre come sintesi è una stabilizzazione generale del mercato: PC, telefoni cellulari e tablet cresceranno con tassi molto simili tra di loro nel corso di 2015 e 2016, tutti positivi per quanto a singola cifra.

E' bastato reinterpretare un settore già dato spacciato qualche tempo fa (quello dei notebook tradizionali) per dare slancio ad un segmento già presente sul mercato da tanti anni. 

Uno dei produttori più lungimiranti è come sempre è Apple, con il proprio Macbook Air, che riesce a coniugare portabilità e portatilità ad un'autonomia invidiabile, peraltro tallone d'Achille dei vecchi (e non solo) notebook.

Gli ibridi onestamente non hanno avuto la fortuna che auspicavano i produttori (Samsung in primis), ma non è detto che in futuro non si riesca a dare un'ulteriore evoluzione al mercato pc, senza dover sacrificare versatilità e performance come è avvenuto per i tablet. 
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