venerdì 26 febbraio 2016

TIM Prime: attivazione automatica!

Dallo scorso 22 febbraio TIM ha iniziato ad inviare un SMS in cui avverte dell'introduzione di TIM Prime, una nuova offerta per certi versi simile alla Vodafone Exclusive che offre una serie di vantaggi ai propri clienti.


TIM Prime verrà applicata automaticamente a partire dal prossimo 10 aprile su tutti i profili tariffari prepagati, i quali otterranno "vantaggi esclusivi".

Fra questi chiamate ed SMS illimitati verso un numero TIM, accesso alle reti 4G e altro. Il tutto a 0,49€ a settimana.

La società ha lanciato negli scorsi giorni la campagna di informazione in modo che i clienti non si trovino del tutto impreparati di fronte alla novità. La comunicazione avverrà tramite SMS, telefonando al numero gratuito 409162, sul web con un'informativa e una pagina dedicata in cui vengono descritte nel dettaglio tutte le novità di TIM Prime. I clienti dell'operatore possono anche naturalmente richiedere ulteriori informazioni su TIM Prime al numero 119 del Servizio Clienti ufficiale e in tutti i negozi TIM.

Chi non è interessato a divenire un utente Prime può scegliere naturalmente di disattivare l'attivazione automatica in qualsiasi momento, sia prima che dopo il 10 aprile 2016. Per farlo è sufficiente chiamare il numero 409162 seguendo le istruzioni della voce guida oppure effettuare l'operazione sul sito ufficiale, nella pagina dedicata. In virtù delle modifiche apportate al piano tariffario, il cliente può scegliere anche di recedere gratuitamente dal contratto precedentemente stipulato con l'operatore senza penali, pagando tuttavia, qualora presente uno smartphone, le rate residue in un'unica soluzione.

  • TIM Prime, caratteristiche dell'offerta attiva dal 10 aprile - 0,49€ a settimana;
  • Minuti ed SMS illimitati verso un numero TIM;
  • Vai al cinema 2x1: ogni settimana dal lunedì al venerdì due biglietti al cinema al prezzo di uno;
  • Navighi su internet alla velocità 4G;
  • Premi per ogni ricarica: si potrà ricevere un "premio certo" in chiamate ed SMS e partecipare ogni giorno all'estrazione di ricariche, smartphone e tablet.

TIM decide quindi di seguire il diretto concorrente, Vodafone, con un'offerta simile alla Exclusive. Considerando che quest'ultima non è stata fra le opzioni più gradite dai clienti, non ci stupiremo se TIM Prime venisse accolta in maniera non proprio calorosa dagli utenti TIM.

In più sarà anche attivata automaticamente su tutte le utenze prepagate, il che significa tante attivazioni anche per gli utenti più sbadati che se la ritroveranno addebitata sulla SIM, probabilmente senza nemmeno accorgersene.
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martedì 23 febbraio 2016

HTC: One X9 e Desire 825, 630 e 530

Anche HTC ha calcalo le scene del salone di Barcellona, presentando la propria line-up di smartphone.


Sono stati presentati gli One X9 e i nuovi modelli Desire, votati al loro animo fashion. X9 è basato su One A9 e possiede una scocca unibody in metallo, con un display da 5.5", uno speaker stereo e una fotocamera da 13MP in grado di registrare video a 4K.

HTC One X9:

  • Display: 5.5" Super LCD (1.920 x 1.080px) a 401 ppm dotato di Gorilla Glass;
  • OS: Android 6.0 Marshmallow con UI Sense;
  • CPU: MediaTek MT6795 Helio X10 (octa-core Cortex-A53); 3GB RAM;
  • HDD: 32GB con espansione microSD;
  • Batteria: 3,000 mAh (non rimovibile);
  • Camera posteriore: 13MP (4K @ 30fps), f/2.0, 28mm, with dual-LED flash;
  • Camera anteriore: 5MP con LED flash.

HTC Desire 825:

  • Display: 5.5" Super LCD (1.280 x 720px) a 267ppi;
  • OS: Android 6.0 Marshmallow con UI Sense;
  • CPU: Qualcomm Snapdragon 400 (quad-core 1.6 GHz Cortex-A7); 2GB RAM;
  • HDD: 16GB plus microSD slot;
  • Batteria: 2,700mAh (rimovibile);
  • Camera posteriore: 13MP (1080p @ 30fps) with LED flash;
  • Camera anteriore: 5MP (selfie).

HTC Desire 630:

  • Display: 5.0" Super LCD (1,280 x 720px) a 294ppi;
  • OS: Android 6.0 Marshmallow con UI Sense;
  • CPU: Qualcomm Snapdragon 400 (quad-core 1.6 GHz Cortex-A7); 2GB RAM;
  • HDD: 16GB con espansione microSD;
  • Batteria: 2,200mAh (rimovibile);
  • Camera posteriore: 13MP (1080p @ 30fps) con LED flash;
  • Camera anteriore: 5MP (selfie).
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lunedì 22 febbraio 2016

Facebook e la sua mappa della densità della popolazione

Il Connectivity Lab di Facebook sta utilizzando i più recenti software di riconoscimento delle immagini per creare delle mappe di densità della popolazione molto più accurate rispetto alle mappe di precedente generazione.


Questo avviene grazie all'incrocio dei dati della già esistente rete neurale costruita su dati provenienti dal noto social network con le immagini satellitari che restituiscono informazioni sulla distribuzione degli edifici sul territorio.

La nuova mappa della popolazione può vantare un margine di errore al massimo di 10 metri. L'esperimento fa parte del cosiddetto progetto Aquila, un velivolo in grado di navigare ad alta quota per parecchie settimane e di trasportare la connessione a internet nelle aree meno accessibili. Avere una visione dettagliata sulla distribuzione della popolazione, infatti, aiuterà Facebook nello scopo di fornire connettività tramite droni a energia solare.

Facebook sta conducendo gli studi insieme alla Columbia University e questi dati verranno resi pubblici entro la fine dell'anno. Imprese, enti governativi, scienziati e curiosi potranno così informarsi sull'esatta posizione in cui la gente vive realmente.

Sono stati scandagliati 20 paesi, tra cui India, Messico, Sri Lanka, Nigeria e altre nazioni africane, e circa 21,6 milioni di chilometri quadrati.

Il tutto è basato sull'analisi di miliardi di immagini satellitari che ha richiesto diverse settimane di elaborazione per poter essere completata. Secondo Facebook, i nuovi studi evidenziano una certa logica nella distribuzione della popolazione nelle aree rurali, che porterà a uno stanziamento di un numero minore di droni rispetto alle prime ricostruzioni.

Anche Google sta portando avanti un progetto simile (Project Skybender).

Tutto ciò onestamente è davvero inquietante. Siamo proprio sicuri sia necessario perdere completamente la propria privacy (se ancora non l'abbiamo fatto) in favore dell'implementazione di un servizio tutt'altro che indispensabile e primario?
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lunedì 15 febbraio 2016

Netflix: quali sono i migliori provider? - Part. 2

Oltre ad essere uno dei servizi di video-streaming online più rappresentativi, Netflix può essere un banco di prova per le nostre connessioni domestiche.



Lo abbiamo già scritto in precedenza: non si tratta di un valore assoluto delle potenzialità della connessione ad internet, ma della velocità media dei trasferimenti durante lo stream in prima serata.


Netflix quindi non misura le potenzialità massime della connessione, visto che la velocità di download dei dati viene gestita dinamicamente dal servizio in base alle effettive esigenze di banda. È difficile, pertanto, valutare questi numeri in maniera oggettiva poiché dipendono parecchio dalla qualità dello stream e dalla risoluzione scelta dai vari utenti. In linea di massima potremmo dire che a valori più elevati il tempo di buffering dovrebbe essere inferiore a parità di risoluzione.

È interessante notare che tutti gli operatori italiani hanno fatto registrare un piccolo calo rispetto alle ultime analisi pubblicate da Netflix. In prima posizione troviamo ancora una volta Fastweb con una velocità media di 3,50 Mbps, seguito da Telecom Italia con 3,36 Mbps. Chiude il podio Tiscali che non si allontana di molto dal risultato dei primi due. Ad un soffio dal podio c'è Vodafone, che è seguito ad una distanza più pronunciata da EOLO - NGI. 

Rispetto ai dati precedenti Wind fa registrare un brusco calo della velocità, pari a 2,93 Mbps, laddove nel mese precedente riusciva a portare a casa un risultato allineato ai leader principali del Belpaese. Chiude la classifica Linkem, che con il suo servizio consegna una velocità media di download di 1,87 Mbps con lo streaming delle opere presenti su Netflix.
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venerdì 12 febbraio 2016

Fibra ottica: Lombardia tira le fila d'Italia

E' ormai evidente che il canale internet è diventato prepotentemente il canale preferenziale per l'economia mondiale, per gli scambi e per le comunicazioni globali.


Ma dopo circa 20 anni dalla nascita di Internet (nella sua versione libera), quanti progressi sono stati fatti e, soprattutto, le istituzioni quanto investono su l'infrastruttura che ne sta alla base?

Al momento non troppo ci verrebbe da dire: secondo Stefano Bonaccini, Presidente della Conferenza delle Regioni, c'è ancora un gap di modernità da colmare in questo settore. Quest'ultimo ha anche dato il via libera all'Accordo quadro per lo sviluppo della banda ultra larga sul territorio nazionale per incontrare gli obiettivi imposti dall'Europa entro il 2020.

La crescita digitale è uno dei presupposti di ogni moderna democrazia ed è una pre-condizione per migliorare la qualità e la diffusione dell’informazione e della partecipazione, e incentivare lo sviluppo 
ha poi continuato.

L'Accordo ha il fine di stanziare più di un miliardo e mezzo di euro nelle diverse regioni italiane, suddividendo la cifra sulla base del fabbisogno della relativa regione. Negli studi effettuati dalle autorità sono state considerate anche le "aree bianche", ovvero le zone a rischio fallimento e poco attrattive per gli operatori. L'idea è quella di spendere solo laddove necessario, mirando in maniera certosina gli investimenti con l'obiettivo di non sprecarli in zone poco redditizie. Il miliardo e mezzo è una cifra "immediatamente disponibile", ha dichiarato inoltre Boccaccini.

Commenti entusiasti degli artefici a parte, l'Accordo perfezionato oggi rappresenta la prima strategia nazionale per la diffusione della banda ultralarga e non "una somma di piani territoriali", come li ha definiti Antonello Giacomelli, sottosegretario alle comunicazioni. Viene però ridotta la somma: il piano prevede la spesa complessiva di 3 miliardi in 7.300 comuni, e non più di 4 miliardi. Si risparmia un miliardo proprio con le "aree bianche": si spendono i circa 1,6 miliardi della delibera Cipe di agosto 2015 e 1,4 miliardi da fondi provenienti dalle regioni.

Ci sono zone, in altre parole, in cui "non intende investire nessuno". Ma ci sono anche "aree grigie", si legge nella nota rilasciata alla stampa, in cui gli 1,1 miliardi in esubero potrebbero essere utilizzati e spesi in un secondo momento. Nella nota leggiamo anche la ripartizione dei fondi nelle varie regioni, che riportiamo di seguito.

Regione
Risorse
Abruzzo
€‎ 69.948.879,00
Emilia Romagna
€‎ 180.758.862,00
Friuli Venezia Giulia
€‎ 86.412.642,00
Lazio
€‎ 28.417.849,00
Liguria
€‎ 41.851.216,00
Lombardia
€‎ 381.700.459,00
Marche
€‎ 72.052.277,00
Molise
€‎ 10.136.953,00
Piemonte
€‎ 193.824.685,00
Sardegna
€‎ 306.485,00
Toscana
€‎ 132.966.792,00
Provincia Trento
€‎ 47.691.697,00
Umbria
€‎ 3.791.764,00
Valle d'Aosta
€‎ 2.175.687,00
Veneto
€‎ 315.810.955,00
Tot
€‎ 1.567.847.202,00
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mercoledì 10 febbraio 2016

Opera parlerà cinese?

Escludendo i browser più blasonati, progettati e sviluppati dalle compagnie informatiche più rinomate, la soluzione proposta da Opera rimane una delle più diffuse.


Ovviamente la sua diffusione non poteva sfuggire agli sviluppatori più acuti che, secondo una notizia circolata nelle scorse ore, ci sarebbe la possibilità di un'acquisizione della società norvegese, da parte di un Consorzio cinese, formato dalle compagnie Kunlun Tech e Qihoo 360.

Questi  ultimi avrebbero offerto ai norvegesi 1,2 miliardi di dollari, con le operazioni che vengono finanziate dalle firme di investimenti Golden Brick Silk Road e Yonglian. Offrendo una cifra così consistente il gruppo sta sopravvalutando Opera di oltre il 50% rispetto al suo reale valore azionario se si prende come riferimento il prezzo di chiusura del 4 febbraio.

È stato proprio giovedì scorso che le prime indiscrezioni sull'acquisizione sono affiorate al pubblico, fenomeno che ha costretto la Borsa di Oslo a chiudere le negoziazioni sul titolo azionario. Contestualmente la società ha rinviato la earning call prevista nella mattinata di mercoledì.

Stando a quanto riporta Recode, che cita il direttore generale di Opera Lars Boilesen, il consiglio d'amministrazione sta pensando di "approvare all'unanimità il cambio di gestione":

Vi è una forte logica strategica e industriale per l'acquisizione di Opera da parte del Consorzio, [] Noi crediamo che il Consorzio, con la sua ampia esperienza e la sua forte posizione nei mercati emergenti, esprimerà con forza la proprietà di Opera

ha dichiarato il dirigente della realtà norvegese. 

Boilesen ha anche precisato:

Il possesso del brand da parte del Consorzio rafforzerà la posizione di Opera per servire i nostri utenti e i nostri partner con una capacità di innovazione ancora più grande, e di accelerare i nostri piani di espansione e di crescita.

La notizia comunque non sorprende più di tanto dal momento che Opera è dallo scorso anno alla ricerca di un acquirente, e l'offerta proveniente dal gruppo cinese è di quelle difficili da rifiutare.

Oltre che per il browser per desktop, Opera è celebre per la sua tecnologia di compressione di siti web e video integrati prima del rendering sulla pagina e per la sua divisione pubblicitaria per dispositivi mobile.

Via allo shopping.
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martedì 9 febbraio 2016

Batterie, Litio, Silicio e Grafene

Un gruppo di scienziati della Stanford University e del Dipartimento dell'Energia dello SLAC National Accelerator Laboratory statunitense, ha sviluppato un metodo che rende possibile la realizzazione di batterie litio-ione con anodi di silicio.


Questo tipo di anodo è in grado di conservare una quantità di energia per carica 10 volte superiore rispetto agli anodi esistenti in commercio, e consentire di conseguenza la realizzazione di batterie ad alte prestazioni più piccole e più leggere. 

Durante la carica le particelle di silicio si gonfiano tre volte tanto rispetto alla loro dimensione originale fino a quando non si incrinano e si frantumano. Le particelle reagiscono inoltre con l'elettrolita della batteria e formano una pellicola che compromette le loro prestazioni. Per mitigare questo genere di problema i ricercatori hanno avvolto ciascuna particella di silicio in una sorta di "gabbietta" di grafene. 

La gabbietta è di dimensioni sufficientemente ampie da consentire alle particelle di silicio di espandersi durante la carica, ma abbastanza piccole da mantenere insieme tutti i pezzi quando le particelle tendono a infrangersi, così che possano continuare ad operare al massimo delle loro prestazioni. Le gabbiette possono inoltre interrompere le reazioni chimiche distruttive con l'elettrolita. 

Questo nuovo metodo ci permette di usare particelle di silicio molto più grandi, da uno a tre micron di diametro, che sono economiche e ampiamente disponibili. Di fatto le particelle che abbiamo usato sono molto simile allo scarto creato dalla levigatura dei lingotti di silicio usati per la realizzazione di chip. Le particelle di queste dimensioni non hanno mai mostrato un buon comportamento negli anodi delle batterie prima d'ora, quindi questo è un risultato molto entusiasmante, e pensiamo possa offrire una soluzione pratica

ha spiegato Yi Cui, professore associato presso Stanford e che ha coordinato la ricerca. 

Per realizzare le gabbiette di grafene della giusta dimensione, i ricercatori hanno ricoperto le particelle di silicio con nickel e quindi fatto crescere strati di grafene sul nickel che agisce da catalizzatore per promuovere la crescita del graffente.

Come ultimo passo hanno rimosso il nickel tramite un bagno acido, lasciando lo spazio sufficiente nella gabbia di grafene perché la particella di silicio possa espandersi. Il prossimo passo della ricerca è riuscire a ottimizzare il processo e realizzare particelle di silicio "ingabbiate" in sufficienti quantità da poter costruire batterie di test per verificare una loro possibile commercializzazione.
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mercoledì 3 febbraio 2016

Acquisti pazzi

Le grandi multinazionali da sempre procedono ad acquisizioni di piccole start-up, al fine di implementare i propri servizi, integrando il proprio know-how.


Ecco, a seguire, una breve lista degli acquisti più curiosi degli ultimi mesi, che hanno contraddistinto le attività dei grandi brand della tecnologia.

Iniziamo con il colosso cinese (Alibaba) che, a capo di una cordata costituita fra gli altri da Warner Bros., Fidelity Management and Research, J.P. Morgan Investment Management, Morgan Stanley Investment Management, T. Rowe Price Associates e Wellington Management Co., ha annunciato un investimento di 793,5 milioni di dollari in Magic Leap (Società con sede a The Dania Beach in Florida ed è stata fondata nel 2011). Non è il primo investimento ricevuto da Magic Leap, che già a febbraio 2014 si accaparrava 50 milioni di dollari e poco dopo 542 milioni da una cordata guidata da Google come abbiamo detto prima. 

Magic Leap sta investendo su quella che definisce "mixed reality", ovvero un dispositivo in grado di riprodurre oggetti virtuali digitali all'interno del campo di visione di chi li indossa. 

Pensando a Sanmay Ved, l'uomo che per un minuto ha posseduto il dominio Google.com. Lo aveva comprato alla modica cifra di 12 dollari, probabilmente per un mancato aggiornamento del sistema di sottoscrizione, e la società se lo era ripreso un minuto più tardi.

Ho pensato che si trattasse di un errore, ma sono riuscito a portare a termine l'operazione

aveva dichiarato.

Se Google.com fosse finito nelle mani sbagliate la situazione si sarebbe potuta trasformare in una catastrofe, visto che Ved ha avuto per un minuto accesso alla dashboard per il webmaster. Proprio per questo la compagnia ha deciso di gratificare il ricercatore con un premio pari a "più di 10 mila dollari" in base a quanto dichiarato nei mesi scorsi da Ved.

In un post scritto lo scorso giovedì Google ha pubblicato la cifra esatta:

La nostra ricompensa economica per Sanmay era inizialmente di 6.006,13 dollari, che è lo spelling numerico di Google.

La società ha poi deciso di raddoppiare la cifra quando Sanmay Ved ha rivelato di voler donare l'intera ricompensa all'organizzazione di carità The Art of Living India. 

Ma il caso di Ved non è di certo stato l'unico nel suo genere per la compagnia di Mountain View. Nel 2015 la società madre Alphabet aveva riacquistato un po' di azioni al prezzo di 5.099.019.513,59 dollari. Si tratta della radice quadrata di 26, pari al totale del numero di lettere con cui è composto l'alfabeto della lingua inglese, moltiplicata per un miliardo. 

Anche Microsoft ha fatto shopping, infatti ha annunciato ufficialmente l'acquisizione di SwiftKey. Il valore dell'operazione non è stato ufficializzato, ma, stando a quanto riportato dal Financial Times, potrebbe attestarsi sui 250 milioni di dollari.

Il nome di SwifKey è spesso associato all'omonima tastiera disponibile per i dispositivi Android e iOS, uno strumento di input alternativo rispetto alle tastiere native delle rispettive piattaforme mobile che, sfruttando un servizio cloud ben strutturato, offre all'utente un importante valore aggiunto valutabile sotto il profilo dell'efficienza degli algoritmi predittivi del testo. SwiftKey può vantare una base installata di oltre 300 milioni di utenti Android e iOS che hanno apprezzato il plus offerto dalla tastiera e che si traduce in un risparmio sia del numero di battute necessarie a comporre il testo, proprio grazie alla tecnologia predittiva, sia, conseguentemente, del tempo necessario ad inserirlo. 

Microsoft chiarisce sin da subito l'acquisizione non avrà un impatto negativo sulle app per Android e iOS il cui sviluppo proseguirà senza interruzioni. L'acquisizione offre al tempo stesso la possibilità di integrare la tecnologia di SwiftKey nei prodotti e nei servizi sviluppati in prima persona da Microsoft (quest'ultima non lo dice espressamente, ma il riferimento va verosimilmente anche a Windows 10 e Windows 10 Mobile).
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lunedì 1 febbraio 2016

Google: i droni solari portano la connettività ovunque

Google ha avviato da tempo un progetto top secret affidato allo stesso team che cura Project Loon. Si tratta del cosiddetto Project Skybender, il quale ha il compito di trasportare la connettività internet 5G attraverso dei droni la cui superficie è ricoperta di celle solari.


Da tempo Google sta conducendo esperimenti sulle trasmissioni radio a banda millimetricapresso lo spazioporto America di proprietà di Virgin Atlantic che si trova nel deserto Jornada del Muerto, in Nuovo Messico.

Secondo certi studi, le onde millimetriche sono in grado di trasmettere dati a velocità superiori fino a 40 volte rispetto alle tradizionali linee 4G/LTE, e per questo alcuni ritengono che questa tecnologia possa costituire l'ossatura delle future connessioni internet 5G.

Già nel 2012, del resto, la DARPA usava le onde millimetriche per le trasmissioni militari verso le basi lontane dagli Stati Uniti.

Il principale vantaggio delle onde millimetriche riguarda l'uso di una nuova porzione dello spettro elettromagnetico, visto che lo spettro utilizzato oggi è ormai ampiamente sovraffollato

ha detto Jacques Rudell, professore della University of Washington, al Guardian.

Fino a oggi, però, le onde millimetriche non sono state impiegate perché tendono a dissolversi dopo brevi tratti.

Questo tipo di onde risiede nello spettro elettromagnetico tra l'infrarosso e le microonde. Per i test sulla trasportabilità delle onde millimetriche Google sta attualmente utilizzando due tipi differenti di trasporto: un OPA (Optionally Piloted Aircraft) chiamato Centaur e un drone alimentato tramite celle solari prodotto dalla Titan Aerospace e chiamato Solara 50. Google ha acquisito la Titan Aerospace nel 2014 proprio con l'obiettivo di fare propria la tecnologia sui droni.

Mountain View ha ottenuto il permesso dalla FCC per proseguire i suoi test sulle connessioni a internet nel Nuovo Messico fino al mese di luglio e prima di allora fornirà dettagli circostanziati su tutti i progressi, esattamente come accade nel caso di Project Loon.

Anche Facebook sta portando avanti dei test sul trasporto della connessione internet tramite droni, incentrati sul drone Aquila.

E' questo il futuro delle connessioni?
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